Friday, June 20, 2014

IAM, un lusso che non possiamo (non) permetterci

Tre notizie fresche fresche, di questi giorni:
  1. Acquisti pubblica amministrazione, portale colabrodo. Dati personali aperti a tutti
  2. Truffa buste paga, 11 arresti a Palermo - Dipendenti società comune Palermo violavano sistema informatico
  3. Hanno forzato il sito dell’Invalsi, denunciati tre giovani
E questo è niente: con l'arrivo della fatturazione elettronica e (speriamo!) della dematerializzazione le cose diventeranno sempre più serie.

D'altronde, se Quattro italiani su dieci non hanno mai usato internet e pc (e almeno quattro dei rimanenti sei realizzano a fatica cosa vuol dire avere il telefonino sempre connesso a "Uozzap"), forse forse c'è qualcosa che non va.

La mia azienda si occupa di sicurezza delle identità e degli accessi (IAM il magico acronimo in inglese), roba che può sembrare abbastanza esotica al primo impatto.
Tant'è vero che non è per niente facile, andando su e giù per penisola, cercare di far capire a funzionari pubblici e responsabili privati perché hanno un grosso problema di sicurezza di cui non si sono ancora accorti.

Eppure non è difficile intuire, anche senza essere cultori della materia, che pubblicare un servizio su Internet - accessibile da tutto il mondo a qualsiasi ora - senza prendere adeguate misure è come andare in sella "alla bersagliera" (riferimento non colto? date un'occhiata al video qua sotto).

...oppure si può fare la figura(ccia) dell'ARIT.